Il corpo velenoso.

Il corpo velenoso.

 

Il sokushinbutsu è pratica riservata ai monaci buddisti quando sono ancora in vita. Il monaco medita e segue una dieta a base di acqua, noci e semi, per perdere massa grassa; poi si nutre di corteccia, aghi e radici di conifere; beve the a base di urushi, pianta velenosa che provoca sudorazione e diuresi, per perdere liquidi e far sì che epidermide e tessuti interni, assorbendo la tossina, siano repellenti per gli insetti necrofagi e le larve. Infine il monaco entra in una cripta, nella quale può respirare solo attraverso una canna di bambù.

 

Periodicamente suona una campanella per avvisare i monaci che vegliano su di lui, all’esterno della cripta sigillata, che è ancora in vita. Dopo mille giorni la cripta viene aperta: se il processo di mummificazione del corpo è andato a buon fine, significa che il monaco ha raggiunto la condizione del Buddha, altrimenti si esegue un rituale di esorcismo e la cripta viene sigillata nuovamente. Delle centinaia di monaci che hanno intrapreso questa pratica nel corso dei secoli, 24 sono giunti fino ai nostri giorni, perfettamente conservati. L’ultimo monaco che ha pratica il sokushinbutsu, portando a termine il rituale, è deceduto nel 1903.

 

Francesca Alfano Miglietti
Il corpo di Rudolph Schwarkogler

Un corpo ripensato per un’arte che si ramifica dentro le spire emozionali, che mostra i tabù, che modifica gli andamenti neuronali. Un’arte che non vuole spettatori ma testimoni, se non addirittura complici. La dimensione corporale che agli inizi degli anni sessanta artisti, hyppies, astronauti e ribelli scoprono come territorio di riappropriazione e come luogo di mutazione: il corpo come soglia dell’autodeterminazione, di una identità scelta, mutante. Corpo come piega di una rivoluzione biotecnologica, corpo come sangue, pelle, arti, sensi, ma anche corpo come paura, panico, angoscia, depressione, tensione.

 

Un corpo alterato e modificato dalle mutazioni contemporanee, sensoriali, cognitive, genetiche, sessuali, tecnologiche. Un corpo rimodellato sulle proprie paure e sui propri desideri, un corpo che incarna il corpo sociale, che assomma i conflitti etnici, politici, bellici, un corpo che ha assorbito le radiazioni e le accelerazioni, un corpo che è divenuto una superficie da significare, tatuaggi, piercing, scarificazioni, operazioni menomazioni, marchi di un’identità voluta, assoluta, dalle nuove tecnologie della comunicazione e da un immaginario catodico e filmico che apre a nuove modificazioni e a nuovi territori corporali.

 

E’ il percorso complesso e leggendario di Rudolf Schwarzkogler, uno degli artisti protagonisti del Wiener Aktionismus: simula processi di castrazione, aggressioni sadomasochistiche, travestimenti macabri, usa ripetutamente spazi bianchi, una sfera bianca, garze bianche, un quadrato di vetro nero, pesci, fili elettrici e strumenti chirurgici: materiali che riproducono il gelo, l’asetticità del panico, della paura, dell’angoscia, della minaccia, della morte, dell’aggressione.

 

La sua indifferenza al dolore è un’arma provocatoria verso tutti coloro che assegnano al dolore un valore esclusivamente negativo, e che ritengono la messa in discussione del concetto di identità, e la sua inevitabile trasformazione, una perdita. Schwarzkogler mette in evidenza tutta la solitudine e l’alienazione dell’individuo all’interno della società, un’autosegregazione, un travestimento crudele che costringe gli spettatori a sintomi di repulsione e malessere, di fronte ad un fuoriuscito dalla società, un uomo solo, disperato, malato, che esibisce un dolore mentale e corporale.

 

E’ un lavoro fortemente politico, quello di Schwarzkogler, e allo stesso tempo poetico e lirico: “In Schwarzkogler si distingue quell’erotismo, quella dolcezza febbrile, che deriva dalla tradizione viennese, dove l’estrema volontà di espressione si eleva fino alla crudeltà erotica, e pur sempre delicatamente superata” scrive di lui Hermann Nitsch “Il lavoro di Schwarzkogler non è dionisiaco, E’ apollineo.”

 

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Sokushinbutsu del monaco buddista Luang Pho Daeng nel tempio di Wat Khunaram, Ko Samui, Thailandia.

 


Sant’Angela Merici (1474-1540). Per le chiese cattolica  ed ortodossa, l’incorruttibilità consiste nell’intervento divino che impedisce a certe salme di andare incontro ai naturali processi di decomposizione. La Chiesa definisce incorrotto o incorruttibile un corpo solo in due casi. Entrambi sono legati alla riesumazione di una salma: quando il corpo appare non decomposto, o in uno stato di decomposizione ritardata.

 


In Indonesia, nell’isola di Sulawesi, è presente la popolazione Toraja, che vive la morte come un semplice momento, una tappa, dell’esistenza umana, ed è da questa convinzione che nasce il rituale chiamato Ma’nene. Un essere umano non è considerato morto fino alla fine della cerimonia funebre, vissuta dalla popolazione come il momento più importante del ciclo vitale, per il quale i cittadini risparmiano tutta la vita. I corpi, al momento della morte, vengono mummificati con elementi naturali, così da poter essere conservati e sepolti in tombe rupestri. Ogni 3 anni per il Ma’nene, verso la fine di agosto, i familiari fanno visita ai propri cari presso le loro sepolture. Una delle parti più importanti è la rimozione del corpo dalla bara, la pulizia dei cadaveri e il cambio dei loro indumenti. Fra i principali motivi c’è il non voler dire ancora addio ai propri familiari, ma anche quello di continuare a dimostrare la loro appartenenza alla società. Dopo aver preparato i corpi, questi vengono mostrati con orgoglio agli altri partecipanti con una processione lungo i villaggi, durante la quale si assiste anche all’offerta di cibo, bevande e sigarette. Spesso accanto a essi è presente una foto del defunto, così da ricordare il suo aspetto in vita e poter festeggiare insieme.

 


Alcuni scatti dalle performance di Rudolph Schwarzkogler.

 

Wiener Aktionismus:

 


Gunter Brus, Wiener Spaziergang, 1965.

 


Uni-Ferkelei.

 


Susanne Radelhof.

 


Hermann Nitsch.

 

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Performance.

 

Spostamento immobile.
Porta, benda, gasolio.
Performance, 2019.

 

Two bodies – 1.
Corpo, sedia. Respiro. Posture.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.

 

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8 risposte a “Il corpo velenoso.”

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