Il corpo volto.
Quartier generale di Instagram.
Menlo Park, California.
12 giugno 2022.
Corpi che rappresentano se stessi o altri corpi.
A volerne trovare le ragioni, innumerevoli, ci si perde. Consce o inconsce, magiche o scientifiche. Per sconfinare il limite dell’esistenza biologica e restare nel tempo, oppure per raccontare un istante. Farsi vedere, ma prima ancora vedersi: nell’acqua delle pozzanghere dopo un diluvio, nel paleolitico, in pietre appositamente levigate, ritrovate in Anatolia (6.000 a.C.), nei primi specchi egizi di rame o bronzo (2.500 a.C.), in una diapositiva, in una fotografia conservata in un album di famiglia, sullo schermo di un cellulare. I primi specchi a figura intera erano costosissimi, e solo le persone più abbienti se li potevano permettere. E ancora: la vetrinizzazione sociale, che separa chi compra da chi vende, epperò quante volte ci è capitato di vederci riflesse in quella vetrina, sovrapposta la nostra immagine all’oggetto in vendita.
Il corpo altrui, dal vivo e nel momento, lo vediamo interamente; del nostro, da sole, vediamo tutto (almeno, la parte frontale), tranne che il volto. Per poterlo osservare – trovato l’escamotage tecnico – posso fare da sola. Il cervello ha un’attitudine straordinaria al riconoscimento facciale, per i volti delle altre e per il proprio; eppure, fissare la propria immagine riflessa per più di un minuto provoca sensazioni di dissociazione. Se riceve stimoli monotoni, il sistema interpretativo cerebrale inizia a individuare dettagli meno evidenti oppure sconosciuti, e attiva fenomeni di pareidolia, la tendenza istintiva a trovare strutture ordinate in immagini disordinate, producendo l’effetto opposto: chi è – a chi appartiene – quell’immagine riflessa? Si può distogliere lo sguardo oppure fare come Alice e passare attraverso lo specchio, per andare incontro a quel corpo altro.
Non ricordo quale autore latino – era nel De rerum natura? Oppure un autore greco? – una traduzione, al liceo, un passo che parlava del corpo umano, delle varie parti; giunto all’altezza della testa, invece di descriverla, l’autore affermava che la natura ha posto sulle spalle dell’uomo il paesaggio. Molti anni dopo ritrovai questa immagine, nel numero 10 di un fumetto intitolato “Enigma”: un neonato, abbandonato in un un pozzo, per una serie di fortunate coincidenze sopravvive: non avendo mai avuto contatti con altri esseri umani, né con uno specchio nel quale vedersi, è convinto che esista solo il suo corpo, e che il mondo sia appoggiato sulle sue spalle. Finché, un giorno, lo trovano:
”Odiava queste schifose creature, con corpi simili al suo ma con bulbi ovali al posto del panorama che incoronava il suo corpo.” A quel punto il protagonista si vede riflesso, per la prima volta, in uno specchio. “Gli ci volle un po’ per accorgersi che era come loro. Anche lui aveva un bulbo ovale, con occhi e bocca, posato sulle sue spalle.
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Enigma n.10, di Milligran, Fegredo, Van Valkenburgh, All American Comics 1994.

Il cosiddetto “Volto di Marte”, sui monti della Cydonia.

“Il 21 settembre 2006 il satellite europeo Mars Express, con un’attrezzatura fotografica tridimensionale di eccellente risoluzione, precisò l’origine naturale del volto, con interessanti risvolti geologici, che assieme ai giochi di luci ed ombre sulla superficie del pianeta rosso crearono l’immagine di un perfetto volto umano. La spiegazione dell’inganno ottico fu che, nel 1976, la bassa risoluzione della fotografia ammorbidiva i contorni dell’immagine; l’angolo di illuminazione, con il Sole in basso al momento dello scatto, sull’orizzonte marziano portò a completare un’immagine di un volto umano. Inoltre, errori di trasmissione dell’immagine a Terra comportarono il crearsi di macchioline nere, accentuate dall’ingrandimento della foto. Una di queste è posta proprio in corrispondenza di una narice del volto. Altri esempi di questo tipo di errori esistono anche nel riconoscimento di animali o volti nelle nuvole, nella luna. Nel secondo servizio fotografico, scattando la fotografia in un orario diverso con diversa luce, variando l’angolo di illuminazione e aumentando la risoluzione, la zona non ricorda più così chiaramente un volto. Nel 2000, sul mistero del volto di Marte, è incentrato il film di fantascienza “Mission to Mars” di Brian De Palma. Fu anche incentrato un episodio della prima stagione della serie tv X Files, intitolato “Sabotaggio Alieno – Space.” (Arman Golapyan)

Il volto di una persona che non esiste, costruito dall’algoritmo del sito thispersondoesnotexist.com. “The AI face generator is powered by StyleGAN, a neural network from Nvidia developed in 2018. GAN consists of 2 competing neural networks, one generates something, and the second tries to find whether results are real or generated by the first. Training ends when the first neural network begins to constantly deceive the second. An interesting point is that the creation of photographs of non-existent people was a by- product: the main goal was to train the AI to recognize fake faces and faces in general. The company needed this to improve the performance of its video cards by automatically recognizing faces and applying other rendering algorithms to them.[…] It is almost impossible to recognise an image of a fake person. AI is so developed that 90% of fakes are not recognized by an ordinary person and 50% are not recognized by an experienced photographer. There are no services for recognition. Occasionally, a neural network makes mistakes, which is why artifacts appear: an incorrectly bent pattern, a strange hair color, and so on.”

FaceApp, che permette di simulare l’invecchiamento del proprio volto. “Se guardiamo attentamente possiamo vedere come a partire dall’11 luglio per iOS e dal 13 luglio per Android, FaceApp ha iniziato a scalare posizioni nelle classifiche delle app più scaricate attraverso tutte le categorie (quindi non solo per la categoria di riferimento) fino ad arrivare al primo posto in tutte i mercati analizzati (Francia, Germania, Italia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti). Addirittura per Android, nei giorni precedenti al 13 Luglio, in molte delle nazioni prese in considerazione, l’app non era nemmeno nella classifica delle prime mille, quindi il balzo è ancora più significativo. […] possiamo affermare che quello che all’inizio sembrava davvero un boom causale, possa davvero essere il frutto di un’attività di influencer marketing coordinata attraverso più mercati, dove l’azienda dietro FaceApp è andata a pagare personaggi mediamente famosi per pubblicare foto dei loro volti invecchiati tramite la tanto discussa app. Un’osservazione che i più attenti possono fare è che le nuove policies di Instagram prevedono che qualora ci sia una partnership di influencer marketing, la celebrità che riceve soldi per sponsorizzare un prodotto debba rendere chiaro che si tratti di una paid partnership. […] Effettuando una rapida ricerca vediamo come tanti altri giocatori di calcio di squadre italiane hanno risposto ai post originali di Petagna e Gomez, pubblicando a loro volta foto invecchiate tramite la stessa app. Ma anche in tante altre nazioni le celebrità stanno postando i selfie dove sembrano vecchi, e l’hashtag #FaceApp sta spopolando su Twitter con i personaggi famosi che postano divertiti e sorpresi i loro look da vecchi. Siamo quindi arrivati al punto dove all’effetto influencer si aggiunge una componente virale, tanto che diventa difficile stabilire da dove sia partito il trend o addirittura distinguere tra paid-influencer (gli influencer che promuovono il servizio perché pagati per farlo) e viral-influencer (gli influencer che promuovono il servizio di loro spontanea volontà).” (Lorenzo Rossi, MMI Italia, 2019)
“Come ha spiegato il fondatore e CEO di FaceApp, Yaroslav Goncharov, alla testata TechCrunch, dietro a questi effetti ci sono degli algoritmi di intelligenza artificiale e, nello specifico, una «tecnologia che sfrutta le reti neurali per modificare in maniera realistica il volto nelle foto» caricate dagli utenti. Dall’analisi di millioni di fotografie (finora circa 80 milioni di utenti avranno scaricato l’app, ndr), la rete neurale impara a riconoscere (sempre meglio) i tratti del volto associati all’età (come le rughe) e al sesso (a seconda della dimensione della mandibola, del naso, la forma del volto e delle sopracciglia, ecc.) che possono essere applicati in altri volti dalle caratteristiche simili. Non a caso quindi dal suo lancio, nel 2017, l’applicazione russa è migliorata moltissimo grazie, appunto, al contributo di tutti gli utenti che, scaricando FaceApp, forniscono le foto, aiutando così ad allenare e ad ottimizzare gli algoritmi che rendono le immagini modificate così realistiche. […] Importanti dubbi si alzano relativamente alla raccolta e al trattamento dei dati da parte dei proprietari di FaceApp, applicazione rilasciata a gennaio 2017 da Wireless Lab, un’azienda russa con sede a San Pietroburgo. Ciò che di sicuro sappiamo, finora, è che i proprietari di FaceApp potrebbero «condividere contenuti e informazioni degli utenti (compresi ma non solo informazioni relative a cookies […], dati di posizione e dati di utilizzo) con aziende che fanno parte del gruppo di società FaceApp o che diventano parte di questo gruppo (gli affiliati)», come si può leggere sulla politica di privacy presente sul sito di FaceApp. Non si sa però chi siano nello specifico queste aziende o a chi appartengono. Certamente, come specificato in questa pagina, quando gli utenti scaricano l’app, forniscono il consenso a fornire delle fotografie e altri contenuti e dati, come per esempio lo storico di navigazione, ma ciò che viene fatto di essi non risulta affatto chiaro.”
“Alcune funzioni dell’app hanno ricevuto varie critiche e accuse di razzismo in seguito a un filtro che cambiava il colore della pelle nelle fotografie con persone di colore, per renderle più europee; a seguito di ciò tale funzione è stata rimossa. Il 9 agosto 2017, FaceApp ha ricevuto nuove critiche a causa della presenza di filtri etnici che venivano catalogati come Bianco, Nero, Asiatico e Indiano. La funzione è stata poi rimossa dall’app.” (Cara McGooga, Telegraph.co.uk 2017)
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Performance.
Simulacri.
Volto, forbici.
Performance, 2022.
Assomigliarsi.
Esercizi di irriconoscibilità.
Volto, mani.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
Dal vivo.
Corpi, testo, microfono.
Tentativi di leggere in movimento.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
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