Il corpo intraspecifico.
Deserto sud occidentale della Libia.
10.000 a.C.
Secondo le paleoscienze, identificare immediatamente nelle due figure rupestri ritrovate sulla catena montuosa del Tadrart Acacus i corpi di una donna e di un uomo, benché siano molto stilizzati, è uno degli attributi dell’essere umano: si tratta del riconoscimento intraspecifico tra individui in virtù di un comune sistema di fertilizzazione, fondato su segni scambievoli tra sessi e manifestato dall’aspetto esteriore, ovvero dal fenotipo.
Questo attributo della percezione del corpo proprio e altrui è lo stesso che spinse (inconsciamente?) Erin Burgess a proporre di caricare a bordo delle sonde Pioneer 10 e Pioneer 11, nel 1972 e nel 1973, placche in alluminio – nell’eventualità che vengano intercettate da altre forme di vita intelligente – sulle quali sono incise le immagini di un uomo e di una donna, insieme alla rappresentazione della transizione iperfine per inversione di spin dell’idrogeno, la posizione del Sole rispetto al centro della galassia, il sistema solare, la traiettoria e la sagoma della sonda. La stessa immagine, quella di Burgess, è stata poi usata da Romeo Castellucci nel suo spettacolo “Tragedia Endogonidia”, con la Societas Raffaello Sanzio, nella prima versione, quella di Cesena.
Lo scultore / stregone del Lion-man di Hohlenstein-Stadel non poteva sapere che la sua opera sarebbe stata ritrovata; viceversa il nostro sogno di essere ritrovate da altre forme di vita sembra svanire all’alba della teoria della relatività e agli abissi di spazio e tempo che ci separano da qualsiasi altra cosa in questa parte di universo. E tuttavia diffondiamo freeware cosmico; invece l’immagine delle figure rupestri, in Rete, è protetta da copyright e bisogna acquistarla, se la si vuole senza watermark, diritto d’autore, proprietà intellettuale, se si desidera duplicarla.
Abbiamo iniziato a rappresentare volti quando ne siamo state capaci, oppure viceversa quando è diventato necessario farlo, per ragioni culturali e allora abbiamo affinato la tecnica per poterlo fare? E’ una questione legata all’individuo riconoscibile, con un’importanza socialmente condivisa, e alcune hanno sentito il bisogno di fissare in qualche modo il loro volto, come prova della loro esistenza, a perpetua memoria? Non che i sovrani dell’antichità non fossero abbastanza rilevanti per essere ritratti in modo preciso; ma forse anch’essi ricoprivano un ruolo, incarnavano un’astrazione, erano un canone; allora dovremmo dire: abbiamo iniziato a dipingere e scolpire volti quando ci siamo rese conto che le persone a cui appartenevano quei volti non erano importanti, cioè non sarebbero passate alla storia, ma noi avremmo preferito invece che sì – non come modelli stereotipati, bensì come individui. La differenza è sottile: nella rappresentazione di un volto, nell’antichità, c’è una forma di ribellione, un’inquietudine di fronte all’anonimato della massa, che forse al contrario non era percepita come problematica nelle epoche precedenti.
Poi, nel 1972, ci troviamo ad inviare nello spazio un’immagine che deve rappresentare tutte le donne e tutti gli uomini del pianeta, e allora quali che siano i volti, ovvero le due forme dalle quali ciascuna può sentirsi rappresentata, diventa una questione interessante: come ogni generalizzazione, molte ne sono escluse, ad esempio tutte le donne con i capelli corti, tutti gli uomini con i capelli lunghi, oppure con i tratti tipici africani o asiatici. Parallelamente, possiamo considerare l’importanza che il volto ha nell’espressione delle emozioni; nel fatto che sul volto siano posizionati molti fori di entrata e di uscita delle informazioni, gli occhi, le orecchie, il naso e la bocca; che lì avvenga la nutrizione e la respirazione; da lì arrivi la voce; una sorta di protrusione verso l’esterno di tutto il corpo, che accostiamo ad altre protrusioni, ad altri volti, per entrare in contatto con loro, prima ancora che con i loro corpi.
E da qui tutto il discorso sulla maschera, nei riti magici o religiosi oppure nel teatro greco, e poi le maschere al giorno d’oggi, quelle dei rapinatori e quelle dei poliziotti a presidio dei cortei e delle manifestazioni. Il corpo possiede meno informazione sulla riconoscibilità rispetto al volto; l’immagine del volto di qualcuna che non c’è più ci tocca profondamente, sulle lapidi mettiamo le foto dei nostri cari (quando abbiamo iniziato ad apporre sulle lapidi le fotografie dei “cari estinti”?), nel portafoglio quella della nostra fidanzata, oppure delle nostre figlie e dei nostri figli.
Secondo alcuni la prima raffigurazione somigliante ad una persona fisica al di fuori dei canoni estetici dell’epoca è quella del faraone Akhenaton (XIV secolo a.C.); forse questo desiderio personalistico ha il suo corrispettivo nel motivo per cui è passato alla storia: abbandona infatti il politeismo a favore di una nuova religione di stampo enoteistico, monolatrico: i prodromi del monoteismo occidentale. La sua rivoluzione religiosa, duramente contrastata, si rivela effimera: pochi anni dopo la sua morte, i monumenti di Akhenaton vengono occultati oppure abbattuti, le sue statue spezzate o riciclate, e il suo nome cancellato dalle liste reali. I romani, tempo dopo, chiameranno questa pratica “damnatio memoriae.”
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Figure rupestri del Tadrart Acacus, 10.000 a.C.

Figure umane sulla Placca di Burgess.
Societas Raffaello Sanzio, Tragedia Endogonidia, R.Castellucci, Cesena.

Akhenaton, 1375 a.C. – 1334 a.C. circa.
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Performance.
Manipolazioni.
Corpo, immagini, forbici.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
La performance collettiva “Complici”
negli scatti di Maria Mesiano
https://instagram.com/a__mmare
@ Museo a Cielo Aperto di Camo, Festival “Costruzioni”
con Vanessa Depetris, SarahSilke Tasca, Silvano Crespi.
Improprio antishow.
DiSeedEnt – Digital Seeds Enterprise
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