Il corpo coreografico.
Grecia, secondo millennio a.C.
Secondo William Forsythe, la coreografia è inscindibile dal corpo umano in azione. L’idea coreografica si materializza, storicamente, in una sequenza di azioni organiche; l’attuazione dell’idea non può essere ripetuta nella totalità delle sue dimensioni con altri mezzi. Tanto struggente quanto effimero, l’atto: la sua natura transitoria non permette esami prolungati né la possibilità di letture oggettive, come invece il linguaggio consente per le scienze oppure per altri rami delle arti, che lasciano artefatti sincronici per ispezioni dettagliate.
Questa assenza di persistenza nel tempo, come d’altronde è il corpo stesso, è naturale ma sospetta allo stesso tempo: da un lato si esplica nell’irrecuperabilità dell’azione coreografica, dall’altro genera un sentimento nostalgico. Sottovalutato se non addirittura denigrato da secoli di aggressione ideologica, il corpo in movimento – ovvero il miracolo dell’esistenza – è ancora relegato al dominio del senso grezzo: precognitivo, analfabeta, materiale, non pensato, non razionale.
Fortunatamente, il pensiero coreografico in quanto tale si rivela utile nel mobilitare il linguaggio e smantellare i vincoli di questa concezione. Cos’altro, scrive Forsythe, al di là del corpo, può apparire come pensiero fisico?
Le origini della danza greca risalgono al secondo millennio a.C.; secondo l’interpretazione tradizionale la nascita si ascrive alla civiltà Minoica dell’isola di Creta, nello specifico al Palazzo di Cnosso, quello del labirinto e del Minotauro. Le figure cretesi di donne danzanti sono interpretate come divinità oppure sacerdotesse, nell’attribuzione di una dimensione cultuale alla danza. Luciano di Samosata riteneva la danza fare parte della creazione cosmica, per similitudine al movimento armonioso degli astri attraverso il cielo. Nella mitologia greca la patrona della danza era la musa Tersicore (da “τέρπω”, dare piacere, rallegrare, e “χορός”, danza), ma anche Urania, la musa dell’astronomia, presiedeva al movimento coreografico. La “mappa” di spostamenti naturali celesti consentiva di superare lo sgomento immobile del trovarsi nel labirinto, e di uscirne.
La danza greca antica si suddivideva tra performance individuale oppure di gruppo. Quella individuale era appannaggio di intrattenitori professionisti, prevalentemente acrobati (cfr. la taurocatapsia); quella di gruppo, invece, consisteva in una serie di movimenti sincronizzati, spesso programmati in anticipo: lineari, durante rituali religiosi, nuziali, funebri, in gruppi di soli uomini o sole donne; oppure circolari, quando la fila di danzatori circolava intorno all’ara della divinità, con funzione rievocativa: nel gèranos (la danza delle gru, la cui migrazione era metafora dell’andare e tornare dal mondo dei morti) si rievocava il mito del labirinto, del filo dato da Arianna a Teseo perché ritrovasse la via; i danzatori imitavano il serpeggiare del percorso fino al centro, e poi il ritorno (cfr. i labirinti, in questo periodo storico, non sono a bivi o a scelta multipla, bensì un lungo vortice che conduce al centro, dove dimora il Minotauro, e cfr. le diverse concezioni di tempo della storia umana, da quella circolare a quella lineare). Entrambe le forme di danza, sia lineare che circolare, erano spesso usate dal χορός nel teatro dell’antica Grecia.
Nella sua forma originaria il ditirambo (forma di lirica corale greca, sviluppatasi nell’ambito dei riti dionisiaci, a carattere tumultuoso e orgiastico) è la forma di performance coreutica e canora collettiva che più è durata nel tempo, attestata dal settimo secolo a.C. fino alla tarda antichità; introdotta nella polis dal poeta lirico del sesto secolo a.C. Laso di Ermione, e prominente nelle celebrazioni ateniesi delle Grandi Dionisie, dalle quali poi nacque la Tragedia.
Il χορός del teatro greco eseguiva una sequenza di movimenti coreografati, nella cosiddetta parabasi (“παράβασις“, procedere in avanti), momento durante il quale l’autore della rappresentazione era solito esporre il proprio messaggio al pubblico, affidandolo al χορός . Il χορός era guidato da un corego (“χορηγός”, capo coro), che veniva imitato dal χορός nella sua andatura e ritmo di danza variabili, in base alla misura poetica dei versi e a seconda del genere teatrale di riferimento: l’emmeleia (“ἐμμέλεια” danza armonica, dignitosa e compassata nella tragedia), la cordace (“κόρδαξ” buffonesca e lasciva) nella commedia, e la sìkinnis (“σίκιννις”) nel dramma satiresco.
I satiri, compagni di Dioniso in persona, vengono più volte presentati come danzanti, oppure all’inseguimento di giovani donne, in particolare le menadi (o baccanti) adoratrici di Dioniso; queste ultime indossano pelli di cerbiatto e brandiscono il tirso, ferula rituale di finocchio selvatico oppure di pino, e si abbandonano a danze estatiche spesso culminanti in comportamenti insoliti e atti di violenza, come brandire serpenti e smembrare animali.
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Tomba delle Danzatrici, Ruvo di Puglia, V secolo a.C.

54 fanciulle e 3 figure maschili, dipinte lungo tutto il perimetro interno della camera funeraria. Era la tomba di un guerriero, come testimonia un’illustrazione realizzata subito dopo il ritrovamento, e conteneva anche vasi e armi. Lo stile della pittura rivela l’influenza dell’arte greca per l’eleganza delle figure e dei gesti, ma richiama anche la cultura etrusca per i colori e per il significato della scena. La fascia con le danzatrici aveva, infatti, il valore simbolico della vittoria sulla morte, tipico dei dipinti funerari etruschi: una danza di gioia.

Danza tradizionale greca, dettaglio da vaso del 450 a.C.

Sarcofago romano con scena bacchica, terzo secolo d.C.

Eadweard J. Muybridge. Woman Dancing, 1830 – 1904.

Henry Matisse, La danza, 1909.


Da “Labyrinth”, Olaf Nicolai & Jan Wenzel, 2012.
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Testi:
W.Forsythe, Oggetti coreografici, Choreographic bodies, 2016
N.Choubineh, La danza nell’Antica Grecia, 2015
Università di Pisa
Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica
Corso di Laurea Magistrale in Filologia e Storia dell’Antichità
Bacchilide e il Ditirambo
RELATORE CANDIDATA
Enrico Medda, Elisabetta De Luca
Anno Accademico 2012/2013
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Performance.
Pubblico e privato.
Corpo, balcone.
Performance, 2022.
Discorsi da ascensore.
30 tentativi.
Coltello, corpo, gravità, equilibrio.
Performance, 2022.
Tentativi di coincidere.
Esser schermi a se stessi.
Chroma key, corpo.
Performance, 2022.
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