Il corpo ibridato.

Il corpo ibridato.
Cnosso, 1425 a.C.

 

Le divinità egizie incarnano fenomeni naturali, sociali, oppure concetti astratti. Alcune di loro vengono rappresentate con corpo umano e testa di animale. La sfinge ha il corpo da leone e la testa umana, di falco o di capra. Le due sfingi più famose sono quella di Gaza, e quella del primo enigma della storia di cui abbiamo traccia: accovacciata sul Monte Ficio, la Sfinge divora i tebani che non rispondono correttamente al suo enigma: Chi, pur avendo una sola voce, si trasforma in quadrupede, bipede e tripede?

 

La soluzione è “l’essere umano” – la soluzione è il corpo stesso di chi deve trovare la risposta all’enigma, in rapporto con il tempo. La soluzione sei tu, direbbero i peggiori coach del nostro contemporaneo. La Sfinge, viceversa, non è subordinata alle tre fasi di un corpo immerso nel tempo: è un ibrido, una divinità, è fuori dal tempo. E’ affascinante quel “pur avendo una sola voce”: il riconoscimento che si tratta di un solo essere, che si trasforma, passa per quello che invece gli resta di espressivo, il dire, ed è con il dire che si formula la risposta corretta per non essere divorati dal dio.

 

Un altro ibrido è il Minotauro, figlio del Toro di Creta e di Pasifae, regina di Creta. Si nutre di carne umana. Nel labirinto di Cnosso un affresco mostra una danzatrice acrobata, la cui posizione ricorda quella della danzatrice del frammento di Tebe, mentre pratica la taurocatapsia: afferrato per le corna, il toro dà un colpo verso l’alto, e la danzatrice sfrutta lo slancio per eseguire numeri acrobatici. La taurocatapsia è ancora praticata nella Francia sud-occidentale, con il nome di course landaise.

 

“L’appetito del Minotauro di Londra è insaziabile” scrive nel 1885 W.T.Stead sul Pall Mall Gazette, “se le figlie del popolo devono essere servite come bocconcini delicati per soddisfare le passioni dei ricchi, lasciamo loro almeno di tempo di raggiungere un’età in cui possano comprendere la natura del sacrificio che viene loro chiesto di fare”. Il dipinto del Minotauro è l’atto d’accusa di George Watts contro la società Vittoriana e i suoi valori morali ipocriti; realizzato secondo alcuni in una sola giornata, il quadro è ispirato dalla serie di articoli di Stead in merito allo sfruttamento della prostituzione minorile.

 

 

Simbolo di bestialità e violenza, il Minotauro è raffigurato in attesa della nave che trasporta a Creta l’annuale tributo umano – 7 ragazze e 7 ragazzi – che Atene deve a Cnosso per aver perso la guerra. Il dipinto è esposto per la prima volta nel 1885 a Liverpool, resta invenduto, e viene donato da Watts alla Tate Gallery nel 1897. Nell’iconografia antica il Minotauro, disumano e ferino, viene rappresentato spesso insieme e in contrapposizione a Teseo, giovane dal corpo in linea con i canoni greci, che lo afferra per le corna e lo trafigge con la spada.

 

Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, il Neoclassico vede nella morte del Minotauro la vittoria della ragione sull’irrazionalità bestiale; nel Novecento invece gli artisti, liberati dall’estetismo formale grazie all’onda di innovazione delle avanguardie, usano il Minotauro come correlativo oggettivo del caos e delle contraddizioni della storia, e il labirinto come metafora dell’esistenza, inevitabile incontro di ciascuno di noi con il mostro che vi sta al centro.

 

Se fino all’Ottocento è più semplice proporre rappresentazioni artistiche del Minotauro come simbolo del male assoluto, nel Novecento delle guerre mondiali e della psicoanalisi di Freud il Minotauro è l’affioramento alla superficie della consapevolezza della parte bestiale, e tuttavia innata e naturale, dell’essere umano, e del problema della colpa quando istinto. Nel dipinto di Watts qualcosa già traspare, di questa ambiguità di fondo, il Minotauro è imponente nella sua mostruosità immaginaria, ma con i tratti realistici dell’animale.

 

L’animale agisce d’istinto, la colpa del Minotauro invece va pesata insieme a quanto di umano c’è ancora in lui, e ne può contrastare il sanguinario. Non si esibisce frontalmente alla vista dell’osservatore: il Minotauro di Watts è proteso verso un’azione, mostruosa essa più del suo aspetto, eppure non rappresentata, se non nel dettaglio dell’uccello morto, sotto alla sua zampa, prefigurativo di altro, già avvenuto in passato, e in procinto di accadere di nuovo.

 

Le corna del Minotauro di Watts non sono imponenti e affilate come quelle di un essere mitologico, bensì realistiche al pari di quelle di un bovino, simile a tanti altri negli allevamenti di vacche inglesi. Non sembrano minacciose, ma nella lettura complessiva dell’opera sono un’epifania di un disordine dell’organico, il loro realismo accentua la deformità della compresenza dell’animale e dell’umano. Lo sguardo del Minotauro è sottratto all’osservazione dello spettatore: il vero volto del Minotauro di Watts non è il muso, ma la sua figura intera, l’ibridazione umano/animale, il gesto dello scrutare l’orizzonte verso quello che sarà l’oggetto del suo atto, l’uccisione di vittime sacrificali.

 

 

La bocca semiaperta e la pelle cascante sottolineano la mancanza di intelletto della creatura, la sua incapacità di ragionamento rispetto al gesto in fieri: gesto non voluto, ma che è condannato a compiere. E’ una vela, quella che si distingue all’orizzonte? Il Minotauro e l’osservatore sono nella condizione di porsi la stessa domanda, nell’attesa di qualcosa che si teme, o si desidera, che accada. E’ una coincidenza di punti di vista destabilizzante, che mette in discussione la sicurezza dell’osservatore: assiste, impotente, non solo al verificarsi di qualcosa, bensì anche alla sua avanzata, ineluttabile.

 

 

La mano, umana, stritola un passero, agonizzante o già morto. Ci si chiede come possa una creatura tanto pesante avere la prontezza e lo scatto necessari per afferrare un uccello. E’ la rappresentazione di una violenza già accaduta o che ancora accadrà, ma non solo: l’uccello possiede le ali per abbandonare l’isola e raggiungere la terraferma, simbolo per eccellenza della libertà che al Minotauro, invece, è negata nel suo palazzo / labirinto, di cui è sovrano e allo stesso tempo prigioniero, così come è sovrano e prigioniero della sua natura ibrida.

 

 

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Matthew Barney, Mitologie contemporanee, 2004.

 

Jose Ramon Diez Rebanal, Il Minotauro di Watts, 2013.

 

Giorgio De Chirico, Il minotauro pentito, Altorilievo in bronzo argentato, 1969

 

Pablo Picasso, Minotauromachia, acquaforte, New York, Moma, 1935.

 

Gustave Doré, Dante e Virgilio incontrano il Minotauro, Divina Commedia, Inferno, 1861.

 

Kurzer Bericht dieses Gänse Spieles, 1649.

 

Teseo con Arianna e al centro del labirinto, Palazzo dei Principi di Correggio, 150..

 

La course landaise, Francia.

 

Quinto secolo a.C., Kleophrades.

 

Sfinge mesopotamica.

 

La Sfinge di Giza.

 

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Testi.

 

“Del resto, gli antichi e la massima parte de’ moderni (com’era naturalissimo) non hanno mai ben distinto quello ch’è ragione da quello ch’è natura, quello ch’è primitivo dal puramente acquisito, quelle qualità o disposizioni che sono un istato naturale, da quelle che più non vi sono; hanno creduto mille volte, e credono oggigiorno, la ragione natura, gli effetti di quella, effetti di questa, essenza l’accidente, necessario il casuale, naturale ciò che la natura con mille ostacoli aveva impedito ecc ecc. Quindi non è maraviglia se caddero e cadono in quell’assurdissimo scambio che ho detto, e se non possono conciliare le qualità naturali dell’uomo con se stesse, (mentre fra queste pongono le artifiziali, e le affatto contrarie alla natura, e ne scartano le naturalissime) né possono conciliare la natura umana col sistema generale della natura, e colle singole parti di esso.”

Giacomo Leopardi, dallo “Zibaldone di pensieri“, 18 novembre 1821.

 

“Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue. Lo crederesti, Arianna? disse Teseo. Il Minotauro non s’è quasi difeso.

J.L.Borges, da “La casa di Asterione“, in “Aleph”.

 

Roberta Borsani.
Il Labirinto e il Minotauro.
Nazione Indiana, 2015.

“È evidente che Teseo tratteggia le caratteristiche di un maschile immaturo e incompleto: realizza il compito di uccidere la bestialità che ambiguamente sopravvive nell’uomo, uccidendo anche tutto ciò che di empatico e non riducibile alla razionalità finalizzata al successo, vive nell’uomo: emozioni, solidarietà umana, pietà. Chi ha ucciso il Minotauro ha brillato di un eroismo marziale inadeguato agli alti compiti del regno. Non può regnare chi non sa accompagnarsi a una sposa come Arianna, colei che con il suo filo fa nascere (facendo uscire dal un mondo tutto intestino e sotterraneo). Spumosa incarnazione della dea madre. Nel labirinto ci si può perdere per sempre e perire, ma per chi ne conosca i segreti uscire è possibile. L’uscita però non è meno pericolosa dell’entrata: ne sa qualcosa Dedalo, ideatore del labirinto e perciò condannato da Minosse a rimanere prigioniero all’interno della costruzione con il figlio Icaro, affinché non riveli a nessuno la via di fuga. È per scampare all’orrenda prigionia che escogita lo stratagemma delle ali di cera, a causa del quale Icaro perisce miseramente cadendo in mare. Infatti, preso da eccessivo entusiasmo, si avvicina troppo al sole, i cui raggi scaldano e infine sciolgono la cera. Anche Icaro, come Teseo, viene punito da un principio luminoso e solare che per essere “maneggiato” va mescolato con giuste parti d’ombra.” […]

 

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Performance.

 

Spostamento immobile.
Porta, benda, gasolio.
Performance, 2019.

 

Tempo circolare.
Bomboletta spray, ingranaggi, batterie,
scheda elettronica, cilindro su motore, foglio.
Serie: arte automatica.
Installazione, 2020.

 

Con i pensieri e con i tendini.
Undici definizioni di ambiente.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2021.

 

Tentativi di percezione del tempo.
Clessidra, martello, bicchiere,
acqua, cuffie, corpo.
Performance, 2022.

 

“All’inizio credevamo che facesse parte dello spettacolo”
Un superstite del concerto al Bataclan, 2015.

 

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8 risposte a “Il corpo ibridato.”

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