Il corpo bicamerale.
Troia o Ilio, provincia di Çanakkale, Turchia.
1180 a.C.
Julian Jaynes propone una teoria secondo la quale, in epoca antecedente al primo millennio a.C., la maggior parte degli esseri umani credeva di udire le voci degli dei, a causa di un’incompleta evoluzione di quella che oggi chiamiamo coscienza. Al tempo della cosiddetta mente bicamerale, un’emisfero cerebrale dialogava con l’altro, e quella voce era percepita e interpretata come di origine divina. Secondo Jaynes la coscienza non entra in gioco nella maggior parte delle azioni complesse: nell’Iliade non c’è traccia di quella che noi appunto chiamiamo coscienza, e gli eroi sembrano mossi da voci divine.
Nell’emisfero cerebrale destro si trovano aree del linguaggio in grado di comunicare con l’emisfero sinistro, che non riconosce quelle voci come proprie. Il passaggio da una società di cacciatori a una società stanziale di agricoltori ha richiesto lo sviluppo di capacità di trasmissione dei comandi e delle competenze a distanza nello spazio e nel tempo; in questo processo socio-evolutivo è entrato in gioco l’emisfero cerebrale destro. Parimenti, per evitare che la morte del sovrano facesse cessare le allucinazioni uditive innescate dalla sua autorità, la sua residenza fu trasformata in un tempio visibile, la cui fascinazione sociale doveva continuare ad imporre comandi. Il sovrano defunto viene divinizzato, ad esempio Gilgamesh di Uruk, la cui storia fu trascritta su tavolette cuneiformi 4500 anni fa) e la società prese ad organizzarsi in forme teocratiche.
Secondo Jaynes, la ragione per cui abbiamo bisogno della logica è che la maggior parte del nostro ragionare non è affatto cosciente. Comprendere una cosa significa giungere a una metafora di quella cosa, sostituendo ad essa qualcosa di familiare. Dunque, la sensazione di familiarità è la sensazione del comprendere. Nell’Iliade non esiste la coscienza, non compaiono parole per designarla, né per dare nome agli atti mentali.
Il thumos (in greco θυμός), che in seguito sarà usato per descrivere qualcosa di simile all’anima emozionale, nell’Iliade designa semplicemente il movimento o l’agitazione. Quando un essere umano cessa di muoversi, il thumos abbandona le sue membra. E’ simile ad un organo: quando Glauco prega Apollo di alleviare il suo dolore e dargli la forza di aiutare Sarpedonte, Apollo lo esaudisce infondendo vigore nel suo thumos (Iliade, XVI, 529). Il thumos può dire ad un essere umano di mangiare, bere o combattere. Diomede afferma che Achille combatterà quando nel petto il thumos gli parlerà e un dio lo sospingerà (Iliade, IX, 702).
Thumos è la parola ipostatica di gran lunga più importante dell’intera Iliade. Ha una frequenza maggiore di tre volte rispetto a qualsiasi altra. In origine, nell’uso miceneo, significava semplicemente un’attività percepita esteriormente: nelle scene di battaglia, un guerriero che colpisce con la lancia il nemico fa cessare il suo thumos. In seguito, durante il periodo del crollo della mente bicamerale – quando la soglia di stress richiesta per l’evocazione di voci era più elevata – il thumos si riferisce ad un insieme di sensazioni interne in risposta ad una crisi oppure ad una situazione di stress esterna, come ad esempio nel caso dell’ira di Achille.
La transizione alla terza fase, quella soggettiva, è già iniziata nell’Iliade: il thumos viene espresso con la metafora di un recipiente, e il menos (μένος), il vigore, viene infuso nel thumos di qualcuno (Iliade XVII, 451; XXII, 312). Altre volte, il thumos è paragonato ad una persona: non è Aiace che è desideroso di combattere, ma il suo thumos (Iliade, XIII, 73), non è Enea a rallegrarsi ma il suo thumos (Iliade, XIII, 494).
Se non è un dio, è il thumos a spingere un essere umano all’azione. Come se fosse un’altra persona, al thumos si può parlare, si può udire che cosa ha da dire, o sentire la sua risposta come quella di un dio (Iliade, IX, 702). Tutte queste metafore sono rivelatorie: affermare che le sensazioni interne di grandi mutamenti circolatori e muscolari sono una cosa a cui può essere infusa forza, significa produrre uno spazio immaginato, vuoto, collocato nel petto, che è l’antecedente dello spazio mentale della coscienza contemporanea; confrontare la funzione di tale sensazione con quella di un’altra persona – o con i meno frequenti interventi degli dei – significa dare luce ai processi metaforici che in seguito diventeranno l’analogo dell’io.
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L’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, 1490 circa.

“l primo modello di un uomo iscritto in un cerchio e in un quadrato lo compose Giacomo Andrea da Ferrara, grande amico di Leonardo, decapitato il 12 maggio 1500 per le sue attività anti francesi, che un anno prima si erano impadroniti del Ducato di Milano facendo scappare Ludovico il Moro e tutta la corte degli Sforza, Leonardo compreso. Certo il disegno di Giacomo non è paragonabile a quello di Leonardo da Vinci, l’uomo è abbozzato e ha un po’ la postura di un Cristo in croce. Ci pensò Leonardo a trasformarlo nell’emblema dell’antropocentrismo rinascimentale.”
“Leonardo scienziato” (Hoepli, 2019) di Enrica Battifoglia e Elisa Buson. Nell’immagine, Giacomo Andrea Da Ferrara, Biblioteca Ariostea, Ferrara (Cart. Sec. XVI, Fol. Figurato, Classe II, N. 176, Fol 78V).

Fotogramma dalla serie Westworld, 2016.
Dr.Ford: L’evoluzione ha forgiato gli esseri senzienti di questo pianeta usando uno strumento: l’errore.
B.Lowe: Mi illudevo che il nostro fosse un approccio più disciplinato. Suppongo che anche l’autoinganno sia un dono della selezione naturale.
Dr.Ford: Infatti lo è. Ma, ovviamente, siamo riusciti a sfuggire ai lacci dell’evoluzione, non è vero? Siamo in grado di curare ogni malattia, mantenere in vita anche il più debole fra di noi, e un bel giorno forse resusciteremo pure i morti. Richiameremo Lazzaro dalla tomba. Sai che cosa significa questo? Significa che abbiamo finito. Che questo è il meglio che possiamo fare. Significa anche che ti toccherà perdonarmi qualche errore, ogni tanto.
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Testo di riferimento:
Julian Jaynes
Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza
1976.
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Performance
Presenza.
Performance & installazione
invisibile ed effimera, 2021.
Quindi poi è andato tutto bene?
So then everything went well?
Alors tout s’est bien passé?
Urban art, 2020.
Agire l’immagine.
Corpi, sedia.
Ripensando a “Una e Tre Sedie”
Joseph Kosuth 1965, Moma New York.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
Mittente e destinatario.
Corpo, sedia, busta, lettere.
Tentativi di controllare il punto di caduta.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
Varchi.
Corpi, specchi, vetri, finestre.
Selezione di immagini da video.
Performance, 2022.
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