Il corpo macabro.

Il corpo macabro.

 

Uno dei temi iconografici del medioevo è quello della danza tra esseri umani e scheletri: i vivi abbigliati in modo da rappresentare le varie classi sociali, dai contadini ai sovrani fino al papa, e i morti, gli scheletri, simbolo dell’aldilà. A differenza di altre rappresentazioni, come quella del diluvio universale, la Danza Macabra ha una visione più individualistica, laica, anzi dissacrante e a volte ironica della morte.

 

Secondo alcuni fu la peste nera del 1348, che uccise almeno un terzo della popolazione del continente europeo, a ispirare questo tipo di raffigurazione in Italia, Francia, Germania, Croazia, Polonia, Svizzera, Estonia e Slovenia. Tuttavia, pare che non si trattasse solo di un’allegoria, ma che la Danza Macabra derivi dalla “danza dei maccabei”, la chorea machabaeorum, e da qui poi la danse machabrè, citata per la prima volta da Jean Le Fèvre nel poema “Respit de la Mort”, nel 1376.

 


Danza Macabra. Dettaglio dell’affresco dipinto da Giacomo Borlone de Buschis tra il 1484 e il 1485. Oratorio dei Disciplini di Clusone, Bergamo

 

Si tratta di una ballata durante la quale i partecipanti si tengono per mano, a ricordo dei sette fratelli Maccabei torturati e uccisi da Antioco IV, oppure secondo altri in riferimento a Giuda Maccabeo (cfr. anche le danze coreutiche antiche, in questo paragrafo); si eseguiva ballando e cantando la professione di fede. Con il passare del tempo a questa ballata furono aggiunte frasi pronunciate dalla Morte, fino ad arrivare alla versione in volgare, nel tardo medioevo: una filastrocca sul tema dell’ineluttabilità della morte, che spesso si trova come didascalia ai dipinti della Danza Macabra.

 

Secondo altri l’etimologia è invece da far risalire all’arabo kabr (tomba) e makabr (cimitero); altri ancora invece indicano nel latino tardo “macheria” (muro o parete), dal momento che la Danza Macabra veniva di solito raffigurata sulle mura dei cimiteri.

 

Tuttavia, prima ancora dell’epoca medievale, indietro nel tempo: i Romani avevano la larva convivialis, uno scheletro in miniatura, realizzato di solito in bronzo, con gli arti snodati. Veniva portato a tavola durante i banchetti come memento mori, un monito epicureo a considerare la brevità dell’esistenza e quindi a godere dei piaceri della vita. Questa usanza è raccontata da Petronio nel Satyricon, durante la cena di Trimalcione.

“Mentre stavamo bevendo e ammirando tutte quelle ricchezze straordinariamente curate, un servo portò uno scheletro d’argento conformato in modo che le articolazioni e le vertebre snodate fossero flessibili in ogni direzione. Dopo averlo gettato più volte sul tavolo, e la concatenazione delle giunture assumesse pose e atteggiamenti diversi, Trimalcione aggiunse: Ahimé, miseri noi! Quanto è vero, anzi verissimo, che questo povero omuncolo (indica lo scheletro) è cosa da nulla! Saremo ridotti così nessuno escluso, dopo che l’Orco ci avrà strappato da questa vita. Dunque viviamo, finché ci è lecito vivere e vivere bene.”

 

L’usanza sarebbe di origine ellenistica, come dimostra un mosaico del III secolo a.C. ritrovato ad Antiochia, in Turchia meridionale. Eufrosunos è traducibile come “siate felici”. Ma ancora prima: gli Egizi insegnavano a gaurdare in faccia la morte con leggerezza, scegliendo il momento conviviale del banchetto per passare di mano in mano la statuina di legno di un morto dentro una bara, mentre brindavano alla vita.

 


Danza Macabra. Dettaglio dell’affresco dipinto da Giacomo Borlone de Buschis tra il 1484 e il 1485. Oratorio dei Disciplini di Clusone, Bergamo

 

Scrive Clara Pèrez Almodòvar (2001):

“Il motivo principale delle Danze Macabre è quello di rappresentare il destino di tutti, indipendentemente dalla classe sociale, dall’età e dalla bellezza. Il vivo scopre se stesso e ciò che lo aspetta nello scheletro che prefigura il suo destino e che è già contenuto dentro di sé. L’assurdità della scena la rende comica: la risata serve a sdrammatizzare ed esorcizzare. La Chiesa accoglie questa iconografia per due motivi: da una parte la satira dei ricchi e dei potenti incontra il consenso della sua controparte, ovvero la stragrande maggioranza della popolazione che soffre la povertà e l’ingiustizia sociale. L’idea che la morte arrivi ugualmente per tutti è di conforto e aiuta a distogliere l’attenzione dalle sofferenze della vita terrena, a sopportare la sorte che è toccata, senza troppe proteste.”

“Il secondo motivo riguarda l’imprevedibilità della morte: se davvero può giungere in qualunque momento, è meglio tenersi pronti a morire e andare spesso a confessarsi e pentirsi. L’atmosfera delle Danze Macabre è pervasa letteralmente dall’ironia della sorte. La danza ha anche un significato metaforico, è un movimento in cui ogni scheletro trascina il suo doppio vivente che è colto di sorpresa. Ogni figura ha una propria individualità e reagisce diversamente, a volte lasciando cadere i propri attrezzi di lavoro o indumenti, che siano una corona, una spada, una falce. E’ la presa di coscienza tardiva delle caducità del corpo, dei beni e dell’esistenza stessa ad essere narrate. La danza diventa il mezzo espressivo del senso della morte, dove la tragedia del singolo non è meno sconvolgente di quella della collettività.”

 


Le Squelette joyeux, Fratelli Lumière, 1897.

 


The Skeleton Dance, Wald Disney, 1929.

 

Alberto Tenenti, “La vita e la morte attraverso l’arte del XX secolo”, (1952):

“Quindi, la Danza Macabra è il desiderio di vedere direttamente ciò che rimane del corpo, l’interesse per il suo destino materiale, desiderio e interesse mescolati all’intenzione di far ravvedere lo spettatore. La scelta dei mezzi indica chiaramente che lo slancio religioso cede all’esigenza morale: l’argomento della mortalità, puramente umano, si sviluppa e appare sempre più forte, anche per i cristiani. Ormai all’interno della visione religiosa, che fino ad allora era stata attenta unicamente al destino soprannaturale, ci si preoccupa anche del destino del corpo dell’individuo.”

“Durante due secoli, fino al 1500 circa, il senso della morte sarà caratterizzato da questa immagine della decandenza fisica – in forme diverse, tra le quali la principale era la Danza Macabra – fenomeno psicologico e spirituale del quale non si poteva dubitare, condizionato dai postulati della concezione cristiana; nella sua prima fase la morte non poteva apparire, in ogni caso, se non come la morte del corpo, soprattutto a uomini che si credevano costituiti da due parti, delle quali l’una, nella buona e nella cattiva sorte, era immortale.”

“Questo tema non è un semplice incontro, suggerito o spontaneo, con la putrefazione: i cadaveri che se la prendono con i viventi affermano su di essi un potere ineluttabile, e significano la loro condanna a morte. La danza è un movimento in cui i morti trascinano i loro compagni renitenti, resi ridicoli da questa necessità. Essi non si presentano armati ai vivi: li portano via ma non li attaccano, li colgono di sorpresa con un gesto familiare, da amici; non li dominano dall’alto, e non sorgono dalla terra: sono al loro stesso livello.”

 


Frame da “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman, 1957.

 


Da “Ghosts”, diretto da Stan Winston, scritto da Michael Jackson e Stephen King, presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 1997.

 

“La personificazione della morte si frantuma individualizzandosi a varie riprese: ogni cadavere è caratterizzato da un gesto, uno strumento musicale, un arnese da becchino, e anche da un’insegna o da un particolare dell’abbigliamento della sua vittima. Il Trionfo della Morte e la Danza Macabra hanno costituito degli aspetti eminenti della tensione – ininterrotta ma sostanzialmente ben bilanciata – che la civiltà ha saputo incanalare dal suo inizio fino a ieri. Da un lato timore e melanconia per l’umana fragilità, dall’altro energie più costruttive atte ad assicurare la continuità collettiva con slanci e creazioni capaci di andare al di là della finitezza individuale e corporea.”

“Quelle grandi scene corali che la comunità offriva a se stessa erano soprattutto dei riferimenti contestuali, non solo delle immagini da prendere in sé e per sé, avulse dal tessuto d’insieme della vita. Esse, anzi, individuano il perno centrale della duplice realtà umana, sospesa tra il suo carattere transitorio e la sua volontà di produrre e durare. Trionfo della Morte e Danza Macabra costituivano insomma delle rappresentazioni stimolanti e non deprimenti, incoraggianti e non distruttive: quelle di un dramma, quale non poteva non aprirsi verso quanto avrebbe dato gioia agli altri oltre che a sé e ne avrebbe assicurato la sopravvivenza. In questo senso non è proprio un paradosso affermare che il Trionfo della Morte e la Danza Macabra si presentano come un appello ed un inno alla vita non meno che un frano al suo smodato traboccare.”

 


“Nude with skeleton”, Marina Abramovic, MOMA 2002.

 


“For the Love of God”, Damien Hirst, 2007.

 


Particolare de “La fonte della giovinezza” Anonimo, Castello della Manta, Sala Baronale, 1300 d.C. Nell’affresco, da ogni luogo in un lungo corteo, provengono vecchi e malati, di ogni condizione sociale, dai nobili ai preti ai contadini. Si tolgono gli abiti, si immergono nella fontana, ne escono giovani e sani, si rivestono. Da notare: nella fontana i corpi sono intrecciati in atti d’amore, come a simbolizzare la passione che fa tornare giovani, e la complessa ritualità, quasi coreografica, dello spogliarsi dei propri abiti, ovvero dei simboli del loro status sociale.

 


“Un centinaio di scheletri in marcia nella notte, nel centro di Milano: è la performance a sorpresa ideata dal regista di culto Romeo Castellucci, Grand Invité 2021-2024 alla Triennale di Milano, dove nei giorni scorsi ha presentato il suo ultimo spettacolo, “Bros”. La sfilata notturna, non annunciata, fa parte di un nuovo progetto video del regista, e ha visto un centinaio di attori vestiti di nero trasportare scheletri dalla Triennale al Duomo, con passaggio per il Castello Sforzesco, e ritorno, nella notte tra sabato e domenica. Sul senso della performance, prodotta da Triennale e Societas Raffaello Sanzio, sui social si legge che questi manifestanti silenziosi sono l’umanità del passato: hanno deciso di far sentire il loro peso. Questi scheletri non vogliono spaventare o incutere timore né, d’altra parte, divertire. Non vogliono nulla, in effetti.” – Fonte ANSA.

 

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Performance

 

In senso lato.
Bollette, multe, parcelle.
Autoritratto, 2023.

 

10 secondi.
Corpo, luce.
Rossella Ferrero ph.
Performance, 2023.

 

Obskené / 2.
Second study.
Body, paper, bathtube.
Performance, 2021.

 

5 minuti durante i quali
non accade assolutamente nulla
eppure tutto accade ineluttabilmente.

Testi, video, immagini, files.
Collage di dati su pagina web, 2022.

 

LL – laboriosa leggerezza
Performance
Andrea Roccioletti / Amalia de Bernardis
23 – 24 maggio 2017.

 

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12 risposte a “Il corpo macabro.”

  1. […] diviso. / 500 d.C. – Il corpo laboratorio. / 1300 d.C. – Il corpo appestato. / 1348 d.C. – Il corpo macabro. / 16mo sec d.C. – Il corpo disneyano. / 1767 d.C. – Il corpo folle. /  1793 d.C. – Il […]

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  2. […] Non é un caso che la danza tipica che attraversa il labirinto, raffigurata su pareti e vasi, dove le partecipanti si tengono per mano (Teseo in testa fino al centro del labirinto e poi a riavvolgere tutta la fila fino all’uscita) sia chiamata “geranòs”, danza delle gru. Il labirinto come luogo rituale di morte e rinascita per i corpi, e la danza come modo per venirne fuori (cfr. la danza macabra). […]

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  3. […] diviso. / 500 d.C. – Il corpo laboratorio. / 1300 d.C. – Il corpo appestato. / 1348 d.C. – Il corpo macabro. / 16mo sec d.C. – Il corpo disneyano. / 1767 d.C. – Il corpo folle. /  1793 d.C. – Il […]

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  4. […] Se nel modello orizzontale circolare c’è un epicentro verso il quale gli sguardi dei corpi presenti sono indirizzati, e tra corpi ci si percepisce tutti alla stessa altezza, ci si trova e ci si vede in presenza uno accanto all’altro oppure specularmente dall’altro lato della circonferenza, nel modello verticale i corpi sono disposti uno sopra l’altro, si sa (anche senza vedere) che sopra la propria testa ci sono i piedi (l’appoggio, idealmente) di altri corpi, in una forma che ricorda non più una catena bensì una piramide alimentare (cfr. il geranos, il labirinto e la danza macabra). […]

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  5. […] Il corpo macabro. “Uno dei temi iconografici del medioevo è quello della danza tra esseri umani e scheletri: i vivi abbigliati in modo da rappresentare le varie classi sociali, dai contadini ai sovrani fino al papa, e i morti, gli scheletri, simbolo dell’aldilà. A differenza di altre rappresentazioni, come quella del diluvio universale, la Danza Macabra ha una visione più individualistica, laica, anzi dissacrante e a volte ironica della morte. Secondo alcuni fu la peste nera del 1348, che uccise almeno un terzo della popolazione del continente europeo, a ispirare questo tipo di raffigurazione in Italia, Francia, Germania, Croazia, Polonia, Svizzera, Estonia e Slovenia. Tuttavia, pare che non si trattasse solo di un’allegoria, ma che la Danza Macabra derivi dalla “danza dei maccabei”, la chorea machabaeorum, e da qui poi la danse machabrè, citata per la prima volta da Jean Le Fèvre nel poema “Respit de la Mort”, nel 1376. [prosegue…]” […]

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  9. […] forse a Londra nel periodo della Peste Nera cfr il corpo appestato; forse dalle danze macabre cfr il corpo macabro; forse dai sabba; forse dalla danza ghéranos dell’antica Grecia cfr il corpo cittadino). […]

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  10. […] Il corpo diviso. 500 d.C. – Il corpo laboratorio. 1300 d.C. – Il corpo appestato. 1348 d.C. – Il corpo macabro. 16mo sec d.C. – Il corpo disneyano. 1767 d.C. – Il corpo folle. 1793 d.C. – Il corpo […]

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  11. […] e abbacinanti come angeli, e cavalieri dell’apocalisse in volo su nubi scure, e passi di danze macabre che ogni jeté è un decollo una decapitazione della ragione delle […]

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